Da tempo si dibatte sull’efficacia dell’omeopatia, un dibattito che continua ad alimentare polemiche solo sui quotidiani di gossip, poiché la comunità scientifica ha già bollato l’omeopatia come inefficace e priva di ogni evidenza (esistono numerosi studi sistematici in merito esempio qui).
Le stesse aziende che producono “prodotti” omeopatici, alla luce di questa mancata evidenza, sono state costrette ad inserire nelle confezioni la scritta “senza indicazioni terapeutiche approvate”.
Un’altra anomalia di questi prodotti venduti come farmaci è l’assenza del foglietto illustrativo, ovvero il foglio allegato ai medicinali contenente descrizione (principio attivo), destinazione d’uso, modalità d’uso, posologia, controindicazioni, interazioni e tutti gli effetti indesiderati sperimentalmente raccolti e segnalati dagli assuntori e riconosciuti tali, periodicamente aggiornati col rilascio del farmaco dalla relativa casa farmaceutica, poiché per avere quello bisognerebbe essere sottoposti alle necessarie ed obbligatorie verifiche attraverso i cosiddetti studi clinici, come per qualsiasi farmaco.
Se non sono farmaci allora di cosa stiamo parlando?
Parliamo di preparati ottenuti attraverso ultradiluizioni del principio attivo originario, diluizioni che sono così estreme che, alla fine, del principio attivo originale non rimane traccia. Ne rimane solo il nome.
Questo è ancora più vero se la diluizione va oltre la dodicesima diluizione centesimale indicata come 12 ch. Infatti, grazie al numero di Avogadro, dopo la dodicesima ripetizione della diluizione centesimale, oggi sappiamo che la soluzione che si ottiene può contenere al massimo una sola molecola di principio attivo. Alla diluizione successiva, la possibilità di trovare anche quell’unica molecola è praticamente nulla.
In realtà se andiamo a leggere il contenuto di alcuni rimedi omeopatici come per esempio quello di un noto preparato propagandato come vaccino anti-influenzale, ci possiamo rendere conto che per ogni grammo di granuli è presente 1 grammo di una miscela di zuccheri (si tratta di lattosio e saccarosio). Questo perché la soluzione omeopatica, ottenuta dopo 200 diluizioni centesimali di una miscela “madre” ricavata per sospensione di cuore e fegato di anatra muschiata (una specie aviaria in via di estinzione), viene nebulizzata proprio sulle palline di zucchero così da ottenere delle caramelle del tipo Zigulì® (sì, quelle caramelle molto dolci che piacciono tanto ai bambini). A voler essere onesti, quindi, non si può neanche dire che sia in atto una truffa. I produttori dichiarano apertamente che si tratta di caramelle di zucchero.
Ma sapete qual è la cosa ancora più strana?
Volendo dare credito all’efficacia di questi prodotti, il giornalista Danilo Procacciati in un servizio per Presadiretta (“L’omeopatia serve?” link qui) ha fatto analizzare al laboratorio del dipartimento di biologia dell’Università di TOR VERGATA (Roma) prodotti con diluizioni anche di 5ch, quindi inferiori ai 12ch, per scoprire il reale contenuto di principio attivo indicato in confezione (ad esempio arsenicum).
Il test è stato effettuato dalla dottoressa Antonella Canini su diversi campioni e il risultato è stato sempre lo stesso: Acqua e Zucchero.
CONCLUSIONI: -riportando testualmente i risultati delle analisi- ”nessuna molecola biologicamente attiva è stata riscontrata nei campioni utilizzati”.
(ulteriori approfondimenti sul blog del prof. Pellegrino Conte)
Eppure ci sono milioni di italiani che la usano quotidianamente e giurano di averne avuto benefici, come lo spieghiamo questo?
Semplicemente con l’effetto placebo, null’altro! (studio su Lancet qui)
Follia?
No, semplice “creduloneria”.
Pensate che sono molti di più gli italiani che credono all’oroscopo e si lasciano condizionare la giornata da un Saturno che entra in Venere e gli cambia l’umore e la giornata, per non parlare di tutti i creduloni che si rivolgono ad operatori dell’occulto che attraverso pozioni e talismani garantiscono guarigioni impossibili.
Sembra strano ma è così: 13 milioni di italiani si rivolgono a circa 150 mila maghi.
Quindi non c’è da stupirsi che molti italiani utilizzino prodotti senza nessuna indicazione terapeutica approvata per le malattie più disparate e ne traggano giovamento.
Il problema vero semmai è perché si continua ancora a parlare di omeopatia nel mondo scientifico se è stato appurato che non ha nessuna efficacia e che le diluizioni sono tali da rendere inesistente il principio attivo originario nei granuli finali?
Ovviamente molti dei difensori dell’omeopatia sosterranno esattamente il contrario, ovvero vi diranno che esistono numerosi studi scientifici che confermano l’efficacia dell’omeopatia (ma esistono anche ricercatori intellettualmente onesti che hanno ammesso persino nelle riviste di omeopatia che non possono dimostrarne l’efficacia, esempio qui e qui).
Tuttavia dal 2015 in poi questa affermazione non è più accettabile per un uomo di scienza e sapete perché?
Perché un ricercatore, un certo Paul Glasziou, su commissione del Governo Australiano, ha raccolto tutta la documentazione e letteratura scientifica presente nel settore (ben 1800 studi), l’ha esaminata attentamente per due lunghissimi anni e ha selezionato tra tutta la letteratura quella ritenuta più affidabile e significativa dal punto di vista scientifico, individuando e selezionando circa 255 studi ritenuti tra i più validi sul profilo scientifico.
Da questa attenta analisi ha poi estratto i risultati finali, ovvero dopo due anni di revisione, nessuna delle patologie studiate ha tratto beneficio dal trattamento di qualsivoglia rimedio omeopatico con sufficiente evidenza scientifica, ergo -conclude lo studio- “Se non guadagni nulla non c’è alcun motivo per usare farmaci omeopatici”.
Avete capito bene, secondo quanto afferma Glasziou, l’unico motivo per usare l’omeopatia è fare soldi sulla salute dei malati (altro che bigpharma; e comunque nessuna azienda omeopatica è di tipo filantropico).
Va chiarito, inoltre, che come per qualsiasi studio scientifico di qualità, lo studio Australiano è stato sottoposto alla verifica da parte di una commissione indipendente, la Australian Cochrane Center, che ne ha validato procedure, materiali e metodi, confermando l’affidabilità e la qualità dello studio.
Pertanto ad oggi può essere considerato, per mole di dati e per metodologia, il più completo ed il più accurato al mondo sull’argomento.
Già basterebbe questo per decretare la fine dell’omeopatia come strumento di cura con evidenza scientifica, ma gli interessi economici sono tali che nessuno rinuncerebbe ai profitti derivanti dalla vendita di prodotti a basso costo di produzione (lo zucchero costa pochi euro al chilo).
Ed ecco dunque che, visti i risultati e le rimostranze della comunità scientifica, gli omeopati di tutto il mondo provano a difendersi, sostenendo di non vendere solo acqua e zucchero, ma di vendere dei prodotti la cui acqua non è semplice acqua, ma è acqua che è stata attivata dal contatto con la molecola base.
In pratica sosterrebbero una sorta di memoria dell’acqua, secondo una bizzarra ipotesi sostenuta per la prima volta da Jacques Benveniste negli anni ottanta.
Lo studioso francese, in pratica, sosteneva di aver scoperto che l’acqua ha una sua memoria e quindi ricorda tutte le sostanze con le quali è stata a contatto. A seguito di questa fantasiosa scoperta Benveniste riuscì a fare pubblicare il risultato dei suoi studi su un’autorevole rivista inglese: Nature.
Come è facile immaginare questa pubblicazione sconvolse la comunità scientifica, che, dopo un’attenta analisi, la trovò assolutamente inconsistente sul profilo logico, procedurale e scientifico, obbligando l’allora direttore della rivista a fare una revisione e costringendolo ad istituire una commissione di esperti per ripetere l’esperimento di Benveniste , che, ovviamente, nonostante i numerosi tentativi della commissione di cui lo stesso Benveniste faceva parte, fallì (leggi qui).
(approfondimenti sul blog del prof Pellegrino Conte)
Nonostante questo fallimento, poiché si tratta dell’unico modo di dimostrare che il nulla (certificato dai laboratori) contenuto nei prodotti omeopatici possa essere terapeutico e non avendo altra spiegazione plausibile che vada oltre l’effetto placebo, tutti i difensori dell’omeopatia continuano a sostenere come valida questa ipotesi fantascientifica della memoria dell’acqua ( gli esperimenti spettroscopici hanno dimostrato in maniera inconfutabile che la presunta memoria dell’acqua svanisce nel giro di 50 milonesi di miliardesimo di secondo e fine della storia, leggi qui).
E non serve nemmeno scomodare il noto premio Nobel Luc Montagnier, poiché l’esperimento (link qui) che spesso gli omeopati portano come prova inconfutabile dell’esistenza della memoria dell’acqua, menzionando la fisica quantistica, è stato realizzato con un mezzo di “registrazione” improvvisato ed imperfetto (altro che computer quantistico di Google!) e contiene numerosi e rilevanti errori di metodo: nessuna schermatura particolare, nessuna taratura specifica e disturbi ambientali vari (leggi qui) e non è mai stato possibile riprodurlo senza errori (leggi qui).
Inoltre, secondo quando riportato nella pubblicazione di tale studio, la vantata memoria dell’acqua pare funzioni solo a determinate e specifiche diluizioni: 10-5,10-8 e 10-12; al di sopra ed al di sotto di questo range non si è avuto nessun segnale.
Ciliegina sulla torta, pare sempre secondo questo studio che dopo un tempo massimo di 48 ore i batteri diluiti a concentrazioni omeopatiche smettano di emettere segnali.
Ciò vorrebbe dire quindi che i preparati omeopatici funzionano solo nel range di diluizione individuato da Montagnier e che dopo 2 giorni la presunta memoria dell’acqua sparisce e con essa quindi anche il presunto meccanismo d’azione dei preparati omeopatici (alla faccia delle prove).
Ma a questo punto sarebbe interessante porsi una domanda, o meglio porla a loro direttamente: Se questa storia della memoria dell’acqua fosse vera, significa che le aziende omeopatiche utilizzano acqua “vergine”?
Cioè nei loro processi di lavorazione per ottenere i famosi granuli di zucchero utilizzano acqua che non ha mai avuto contatto con niente?
E se così fosse, perché fino ad oggi non lo hanno mai detto? Sarebbe stata una difesa sensata!
La verità è che non hanno mai usato acqua vergine!
L’acqua utilizzata è l’acqua che tutti beviamo e che come minimo ha avuto contatto con il suolo e il sottosuolo, pertanto conserverebbe memoria di migliaia di molecole con la quale è entrata in contatto, prima del loro principio attivo.
Si potrebbe obiettare che in realtà si utilizza dell’acqua fatta in laboratorio da atomi di idrogeno e ossigeno (provo a dare qualche spunto ai vari Ceo dell’industria omeopatica), ma non è così, poiché fino ad adesso nessuna azienda ha mai sostenuto questo.
Inoltre, come ci spiega il prof. Francesco Aliotta, fisico dirigente del CNR, l’acqua pura ricavata da semplice idrogeno e ossigeno non esiste, quindi anche la storia della memoria dell’acqua è da escludere, se non altro sul piano pratico, ancor più che su quello logico.
L’acqua è acqua e l’omeopatia rimane una terapia senza nessuna indicazione terapeutica approvata.
Se esistono 13 milioni di italiani che credono nei maghi e se 9 italiani su 10 credono all’oroscopo, potremo accettare anche 9 milioni di italiani che si curano con l’omeopatia.
Quello che non possiamo accettare è che si dia dignità scientifica ad un rimedio che la scienza canonica ha bollato come non efficace e quindi ancora meno è possibile accettare che ci siano colleghi medici che prescrivano (temine improprio, poiché la prescrizione riguarda i farmaci) rimedi omeopatici, in contraddizione con il codice deontologico che impone di agire secondo scienza e coscienza.
Omeopatia, scienza e linguaggio
dal blog del prof Pellegrino Conte
Dott. Gaetano Riva